Con l’adozione dell’ultimo decreto da parte del Consiglio dei Ministri (DPCM 9 marzo 2020) sono stati previsti stringenti divieti estesi a tutto il territorio nazionale, nel tentativo di contenere l’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Per effetto della nuova normativa, a partire da oggi 10 marzo, si dovranno seguire rigorose regole di comportamento elencate dal Governo, con efficacia fino al prossimo 3 aprile (consulta le misure).
Tra gli obblighi imposti si ricorda quello di evitare spostamenti, salvo che per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute, l’obbligo di restare a casa per chi presenta sintomi da infezione respiratoria e febbre, il divieto assoluto di mobilità dalla propria dimora per i sottoposti a quarantena o risultati positivi al virus, nonché il divieto di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
La violazione di tali obblighi, come di altri contenuti nel Decreto, è punita salvo che il fatto costituisca più grave reato, ai sensi dell’art. 650 del Codice Penale, cui il decreto fa espresso richiamo, mentre per le altre “raccomandazioni” contenute nel provvedimento, il testo non prevede conseguenze.
In base all’art. 650 c.p. chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a 3 mesi o con l’ammenda fino a 206 euro. Si tratta di un reato contravvenzionale per il quale è teoricamente ammessa l’oblazione facoltativa, che in questo caso però potrebbe non essere concessa tenuto conto della della situazione e della gravità del fatto.
Inoltre, come detto, le violazioni degli obblighi del Decreto possono dar luogo anche ad ulteriori reati. Ad esempio, potrebbero configurarsi ipotesi delittuose più gravi come quello di Resistenza a Pubblico Ufficiale (art. 337 c.p.), nel caso di chi, per fuggire ai controlli delle Forze dell’ordine che monitorano gli spostamenti, opponga resistenza agli agenti; oppure addirittura ipotesi di Delitti colposi contro la salute pubblica (452 c.p.), nel caso in cui si tengano comportamenti imprudenti che favoriscano la diffusione del virus. Vi è poi da considerare l’eventualità in cui si sottoscrivano autocertificazioni mendaci, che ai sensi dell’art. 76 DPR n. 445/2000, potrebbero integrare reati di Falso, come quello di cui all’art. 483 c.p. (Falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico) o persino l’art. 495 c.p. che punisce con la reclusione da 1 a 6 anni, la falsa attestazione o dichiarazione resa a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri. In proposito il Decreto ha previsto che la veridicità dell’autodichiarazione (resa per gli spostamenti) potrà essere verificata anche con successivi controlli.
Infine, si ricorda che le attività di ristorazione e bar sono consentite nell’orario dalle 6.00 alle 18.00, con obbligo, a carico del titolare, di predisporre le condizioni per garantire la possibilità del rispetto della distanza di sicurezza di almeno 1 metro tra le persone. In proposito l’eventuale violazione delle norme è sanzionata con la “sospensione dell’attività”, anche se sul punto la disposizione normativa appare alquanto indeterminata, poiché non viene specificato per quanto tempo l’attività debba restare sospesa.
“Le due più grandi sventure nella vita sono una cattiva salute e una cattiva coscienza”
(Lev Tolstoj).
Autore: Elisa Ricci
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