Il meccanismo della successione per rappresentazione consente a determinati soggetti (denominati rappresentanti) di venire all’eredità subentrando nel luogo e nel grado del loro ascendente (denominato rappresentato), il quale non possa (es. per premorienza) o non voglia accettare l’eredità.

La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli, anche adottivi e in linea collaterale ha, invece, luogo a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto (art. 468, comma 1, c.c.).

L’indicazione dei soggetti di cui sopra ha natura tassativa.

I RAPPRESENTANTI sono i discendenti legittimi e naturali dei rappresentati.

Nonostante il rappresentante succeda direttamente al de cuius, egli subentra nel luogo e nel grado del rappresentato e quindi gli viene devoluto quanto l’ascendente avrebbe ricevuto e, nell’ambito della posizione dei successibili, si colloca dove il rappresentato si sarebbe trovato se fosse venuto egli stesso alla successione.

“La rappresentazione ha luogo in infinito (art. 469 comma 1 c.c.), siano uguali o disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe” (art. 469, comma 1, c.c.). Operando all’infinito la rappresentazione non incontra limiti nella lontananza di grado; ciò rappresenta un’eccezione alla regola dell’art. 572, comma 2, c.c. ai sensi del quale la successione non opera per un grado di parentela superiore al sesto. All’infinito, infatti, si ritiene significhi che se i discendenti chiamati in rappresentazione non possono o non vogliono accettare, subentreranno i loro discendenti e così di seguito.

DIVISIONE PER STIRPI: aspetto caratteristico della rappresentazione è che la successione avviene per stirpi e non per capi in quanto opera una finzione di appartenenza dei rappresentanti al grado del rappresentato, indipendentemente dal loro numero e dal loro grado di parentela.

Da tenersi conto è anche che ai sensi degli artt. 522 e 674 l’istituto della rappresentazione prevale sull’istituto dell’accrescimento delle quote dei coeredi.

Un esempio concreto: il de cuius Tizio muore in assenza di discendenti in linea retta e senza aver fatto testamento.

Sul presupposto che Tizio avesse un unico fratello, Caio, premorto nel 2000, e che quest’ultimo avesse due figli, Sempronio e Tullio, quest’ultimo a sua volta premorto nel 1999, i cui figli sono Giulio e Cesare, si ritiene che:

  1. Essendo il primo chiamato all’eredità (Caio) fratello del de cuius, sia applicabile l’istituto della rappresentazione (art. 468, comma 1, c.c.) in favore dei discendenti di Caio (e quindi in primis dei due fratelli Sempronio e Tullio).

  2. Considerato che la rappresentazione ha luogo in infinito, i figli di Tullio (premorto rispetto a Tizio e Caio) hanno diritto di succedere in luogo del padre e del nonno (art. 469 comma 1 c.c.).

  3. Considerato che in caso di rappresentazione la divisione avviene per stirpi e non per capi, gli stessi Giulio e Cesare (figli di Tullio) parteciperanno (previa accettazione dell’eredità) alla divisione della sola quota che sarebbe spettata a Tullio, e quindi per ¼ ciascuno.

“Non ereditiamo il mondo dai nostri padri, ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli”. Proverbio nativo-americano

Autore Filippo Muzzolon