Gli ultimi fatti di cronaca riportano l’attenzione sul tema della legittima difesa e aprono il dibattito politico su una sua possibile riforma, fra coloro che vorrebbero estenderne l’ambito di applicazione e chi invece è più cauto.
L’istituto della legittima difesa è da sempre presente nel nostro codice penale ed è dunque opportuno partire dall’esame della normativa vigente, per comprendere i nodi di un’eventuale riforma, sulla quale torneremo quando sarà definitivamente approvato il disegno di legge.
Attualmente la legge italiana permette a chi si trova in pericolo di potersi difendere senza il bisogno dell’intervento delle Autorità.
La legittima difesa rientra tra le cosiddette cause di giustificazione, cioè tra quelle circostanze che legittimano un comportamento che, altrimenti, costituirebbe reato. Ad esempio, una lesione personale inferta per difendersi da un’ingiusta aggressione sarà giustifica e non verrà punita.
Tuttavia, per essere considerata legittima la reazione difensiva deve essere proporzionata all’aggressione, altrimenti si rischia di passare dalla parte del torto.
Nello specifico l’art. 52 del codice penale stabilisce che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
Nel 2006, sono state introdotte ulteriori disposizioni che riguardano la legittima difesa in caso di violazione di domicilio: in tali ipotesi la proporzionalità tra difesa ed offesa è presunta quando, chi si trova legittimamente nel proprio domicilio, utilizza un’arma (legalmente detenuta) per difendere la propria o l’altrui incolumità, ovvero per difendere i propri o gli altrui beni, se vi è pericolo di aggressione.
In ogni caso, perché la difesa possa dirsi veramente legittima è necessario che ricorrano i seguenti presupposti:
- la necessità di difendersi, che sussiste quando il soggetto si trova nell’alternativa tra reagire e subire, cioè non può sottrarsi al pericolo senza offendere l’aggressore. Vale a dire che la reazione deve essere l’unica possibile, non sostituibile con altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assumere la tutela del diritto aggredito.
- La difesa deve essere volta a tutelare un diritto, che può essere l’incolumità personale, ma anche un interesse economico.
- Ci si deve difendere da un pericolo attuale, cioè incombente e non passato. Di conseguenza, chi spara al ladro mentre sta scappando con la refurtiva, non verrà giustificato, ma risponderà penalmente della sua azione (lesione personale od omicidio). Inoltre, deve trattarsi di un caso di pericolo in cui non si è incorsi volontariamente, quindi, per esempio, se si decide di prendere parte ad una rissa non si potrà poi invocare la legittima difesa per le lesioni inferte agli altri contendenti.
- L’offesa alla quale si reagisce deve essere ingiusta, cioè illecita.
- Deve esserci proporzionalità tra difesa ed offesa, non solo con riferimento ai mezzi utilizzati (bastoni, coltelli, pistole, ecc.), ma soprattutto per quanto riguarda i beni giuridici in gioco. Occorre quindi fare un bilanciamento tra il bene offeso o messo in pericolo e quello leso da chi si difende. Ne deriva che non è lecito ledere la vita o l’incolumità fisica di una persona per salvare un interesse meramente patrimoniale, salvo che la lesione all’incolumità personale sia di piccola entità (ad esempio dare un pugno sul naso a chi sta per rubare un portafoglio potrebbe essere legittimo).
Le circostanze sopra elencate delimitano le ipotesi in cui la difesa può dirsi legittima. Se si superano questi limiti si ha eccesso di legittima difesa e si potrebbe essere chiamati a rispondere penalmente delle proprie azioni.
In proposito si parla di eccesso colposo (art. 55 c.p.) quando il superamento dei limiti è dovuto ad un errore di valutazione del pericolo o dell’adeguatezza dei mezzi usati per difendersi. In questo caso, si risponderà penalmente del fatto commesso, solo se previsto a titolo di colpa. L’esempio classico è quello di chi, svegliato nel cuore della notte da alcuni rumori, vedendo dalla finestra qualcuno nel proprio giardino che cerca di entrare in casa, prende l’arma legittimamente detenuta e, pensando di mirare lontano, esplode un colpo, ma raggiunge il malintenzionato. A seconda della gravità della ferita, risponderà di lesioni colpose o di omicidio colposo.
Nel caso in cui, invece, il superamento dei suddetti limiti sia consapevole e volontario (ad esempio per “dare una lezione” al ladro che sta per entrare) si risponderà a titolo di dolo, non essendoci alcuna differenza dall’aver commesso intenzionalmente un reato. E’ evidente, infatti, che una difesa volutamente sproporzionata cesserebbe di essere difesa e assumerebbe i contenuti di un’offesa.
“Il modo migliore per difendersi da un nemico è di non comportarsi come lui” (Marco Aurelio).
Autore: Elisa Ricci
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