Con sentenza del 26/07/2017 la Corte di giustizia dell’Unione Europea, Prima Sezione, con riferimento a due impianti di produzione di energia elettrica da biogas (ottenuto dalla digestione anaerobica di biomasse), autorizzati senza valutazione di impatto ambientale in quanto le legislazione regionale dell’epoca – poi abrogata dalla Corte Costituzionale – non la prevedeva per tali impianti, ha deliberato sulla seguente questione pregiudiziale proposta dal TAR Marche:

«Se, in riferimento alle previsioni di cui all’articolo 191 (…) TFUE e all’articolo 2 della direttiva [2011/92], sia compatibile con il diritto dell’Unione l’esperimento di un procedimento di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (ed eventualmente a [valutazione di impatto ambientale]) successivamente alla realizzazione dell’impianto, qualora l’autorizzazione sia stata annullata dal giudice nazionale per mancata sottoposizione a verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, in quanto tale verifica era stata esclusa in base a normativa interna in contrasto con il diritto dell’Unione».

Con riferimento a tale questione pregiudiziale la Corte di Giustizia ha dichiarato che “In caso di omissione di una valutazione di impatto ambientale di un progetto prescritta dalla direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, il diritto dell’Unione, da un lato, impone agli Stati membri di rimuovere le conseguenze illecite di tale omissione e, dall’altro, non osta a che una valutazione di tale impatto sia effettuata a titolo di regolarizzazione, dopo la costruzione e la messa in servizio dell’impianto interessato…”

La Corte di Giustizia ha tuttavia fissato due ben precisi ordini di limiti alla suddetta possibilità di regolarizzazione mediante VIA successiva alla realizzazione dell’impianto, ossia:

  1. le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non devono offrire agli interessati l’occasione di eludere le norme di diritto dell’Unione Europea o di disapplicarle;

  1. la VIA effettuata a titolo di regolarizzazione non deve limitarsi alle sole ripercussioni future di tale impianto sull’ambiente, ma deve prendere in considerazione altresì l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione.

Per quanto riguarda il caso di specie, la Corte di Giustizia ha altresì precisato che spetta al giudice nazionale del rinvio valutare se le disposizioni di legge di cui trattasi nei procedimenti principali rispettino detti requisiti, lasciando intendere che proprio la circostanza che le società responsabili abbiano intrapreso all’epoca le iniziative necessarie perché si procedesse a una valutazione di impatto ambientale dei progetti, e che il rifiuto delle autorità competenti di dar seguito a tali richieste sia stato fondato su disposizioni nazionali che solo successivamente la Corte costituzionale ha dichiarato contrarie al diritto dell’Unione, può portare a ritenere che le regolarizzazioni effettuate non siano state dirette a eludere le norme del diritto dell’Unione Europea.

“Meglio tardi che mai”.Tito Livio 

Autore: Filippo Muzzolon