Con sentenza non definitiva n. 1306/2018 il Consiglio di Stato ha demandato alla Corte Di Giustizia la seguente questione pregiudiziale:

Stabilisca la Corte se l’art. 3, comma 3, lett. a) della Direttiva 2009/28/CE debba essere interpretato – anche alla luce del generale principio di tutela del legittimo affidamento e del complessivo assetto della regolazione apprestata dalla Direttiva in punto di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili – nel senso di escludere la compatibilità con il diritto UE di una normativa nazionale che consenta al Governo italiano di disporre, con successivi decreti attuativi, la riduzione o, financo, l’azzeramento delle tariffe incentivanti in precedenza stabilite”.

Ripercorrendo la vicenda, una società ha impugnato avanti il T.a.r. per il Lazio il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012 (Quinto Conto Energia), contestualmente insistendo per la declaratoria del proprio diritto all’applicazione delle tariffe incentivanti stabilite dal precedente d.m. del 5 maggio 2011 (IV Conto Energia) relativamente al proprio impianto connesso in rete nel febbraio 2012.

Il T.a.r. ha respinto le domande della ricorrente, e, sull’impugnazione, il Consiglio di Stato, dopo aver dichiarato la legittimità della norma impugnata sulla base del diritto interno, si è altresì detto consapevole della manifesta infondatezza della pretesa della società anche sotto il profilo del diritto comunitario, ed ha rimesso la questione pregiudiziale di cui sopra alla Corte di “ al solo fine di ottemperare al dovere di rinvio pregiudiziale da parte del Giudice nazionale di ultima istanza ed in considerazione del fatto che l’inosservanza di siffatto dovere determina una diretta responsabilità dello Stato membro di carattere sostanzialmente oggettivo ….nonché la responsabilità civile del magistrato”.

Come rilevato dallo stesso Consiglio di Stato, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è già occupata, sia pure con riferimento ad una controversia relativa ad un settore merceologico diverso, di ipotesi affini alla presente, ed in particolare, con la sentenza 10 settembre 2009, causa C-201/08, Plantanol, la Corte, dopo aver premesso che “il principio della certezza del diritto non postula l’assenza di modifiche legislative, ma richiede piuttosto che il legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli operatori economici e preveda, eventualmente, adattamenti all’applicazione delle nuove norme giuridiche”, ha osservato che “risulta dalla giurisprudenza costante della Corte che la possibilità di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento è prevista per ogni operatore economico nel quale un’autorità nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative. Tuttavia, qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare il detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato. Inoltre, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali. A tale proposito, per quanto riguarda l’affidamento che un soggetto passivo può fare sull’applicazione di un vantaggio fiscale, la Corte ha già statuito che quando una direttiva in ambito fiscale lascia ampio potere agli Stati membri, una modifica legislativa adottata in conformità con la direttiva non può essere considerata imprevedibile “.

Vedremo comunque come deciderà la Corte di Giustizia nel caso di specie.

Autore: Filippo Muzzolon