Si parla tipicamente di differenze retributive, o meglio di richiesta di pagamento delle stesse, laddove un lavoratore dipendente contesti al proprio datore o ex datore di lavoro di essere stato retribuito in misura insufficiente in relazione alla qualità e quantità del lavoro prestato e richieda quindi il pagamento della differenza.
Le differenze retributive possono riguardare sia la retribuzione ordinaria, sia ad esempio le indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti, i ratei di 13ª e 14ª mensilità e TFR, così come qualsiasi altro elemento costitutivo della retribuzione del lavoratore.
Tipici casi di richieste di pagamento di differenze retributive sono quelli del lavoratore senza contratto (o “a nero”) e quello del lavoratore cui venga corrisposto “fuori busta” il compenso per il proprio lavoro prestato al di fuori dell’orario contrattuale, così come il lavoratore ufficialmente addetto a mansioni inferiori rispetto a quelle in realtà svolte.
Come procedere
Lato azienda
Occorre ricordare che grava sul lavoratore che agisce in giudizio l’onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda, cioè l’espletamento dell’attività lavorativa in favore di parte datoriale e la sussistenza di un vincolo di subordinazione idoneo a giustificare le differenze retributive postulate.
Lato dipendente
Il lavoratore (o ex lavoratore) che assuma di essere creditore delle differenze retributive di cui sopra, dovrà farsi predisporre un conteggio delle differenze medesime da parte tipicamente di un consulente del lavoro o di un sindacato, dopodiché potrà procedere, anche a mezzo di un legale, alla relativa richiesta.
La vertenza potrà risolversi o con una transazione in sede stragiudiziale (tipicamente in sede sindacale o presso la DTL), o altrimenti dare origine ad un contenzioso giudiziale presso il tribunale del lavoro competente.
Salvo un migliore esame della singola fattispecie, in generale, il termine di prescrizione per esercitare il diritto al pagamento elle differenze retributive è di 5 anni.
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Articolo 36 della Costituzione.
Avv. Filippo Muzzolon
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