La Cina, come altri mercati emergenti, presenta molte opportunità di business per le aziende italiane, le quali però dovranno verificare molto attentamente che tipo di approccio intendono porre in essere per poter entrare nel mercato, i.e. un ingresso diretto oppure uno “indiretto”.

A) Investimenti indiretti

Tale tipologia di investimenti prevede necessariamente la collaborazione di un partner locale cinese il quale agirà come “agente” della società straniera, sia esso per la produzione di beni in Cina (sia per l’export che per il mercato interno) o quale distributore di beni prodotto fuori Cina che verranno poi rivenduti all’interno del Paese: la legge cinese prevede infatti che per importare beni in Cina sia necessario una società locale in possesso di apposite licenze. Similarmente, ed in linea di principio, una società non cinese non può assumere direttamente personale in loco. Pertanto sarà possibile stipulare contratti commerciali (di vendita, di distribuzione, di OEM, ecc.) con società cinesi che “cureranno” gli interessi della società non cinese. Come si può immaginare, la scelta del partner locale è estremamente importante, ed è altresì fondamentale porre in essere tutti gli strumenti che il diritto applicabile prevede a protezione delle parti tenendo a mente, anzitutto, quanto segue:

1) La proprietà Intellettuale

Un primo aspetto da tenere in considerazione è anche la protezione della proprietà intellettuale: non è fatto inusuale che il proprio partner voglia avviare rapporti commerciali al solo fine di poter successivamente agire in proprio usando (o, meglio, abusando di) know – how che l’altro partner ha rivelato nel corso di trattative o durante la cooperazione stessa.

In tal senso si suggerisce sempre di registrare in Cina (ove possibile) la propria IPR, come i marchi commerciali ed i brevetti: ciò è permesso anche a soggetti non registrati/residenti nel Paese, e garantisce a detti soggetti lo stesso livello di protezione dai plagi garantito a soggetti cinesi.

Contrariamente ad altre giurisdizioni, la Cina prevede anche una sorta di “registrazione” di copyright, che serve a fornire a dette opere intellettuali (siano esse le foto di un catalogo, od il catalogo stesso nella sua interezza) una “data certa” che aiuti nel dirimere contenzioni in caso di plagi.

2) I contratti commerciali

Un altro strumenti fondamentale consiste nella redazione accurata dei contratti commerciali che si vogliono stipulare: pertanto si suggerisce di inserire sempre clausole che proteggano informazioni “sensibili”, e clausole che prevedano in dettaglio il comportamento che le parti dovranno tenere nei confronti l’una dell’altra.

È anche da notare come la PRC Company law preveda infatti che in caso di contratti di natura internazionale, le parti possano scegliere non solo la lingua in cui stipulare in contratto, ma anche il diritto applicabile al contratto stesso (e, dunque un contratto, p.es. tra una società cinese ed una italiana potrà essere retto dal diritto italiano, cinese o di un Paese terzo scelto liberamente dalle Parti).

Nulla invece viene stabilito dalla legge cinese sul foro per la risoluzione delle controversie: consigliamo sempre l’inserimento di una clausola arbitrale per un arbitrato “istituzionale” (la Cina è infatti firmataria della Convenzione di New York sul Riconoscimento Automatico dei Lodi Arbitrali Stranieri), mentre sconsigliamo l’inserimento di un foro presso un tribunale ordinario (che potrebbe creare ostacoli anche insormontabili in sede di esecuzione), e suggeriamo di evitare in via assoluta la scelta di un arbitrato ad – hoc (quest’ultima opzione è infatti vietata dal diritto cinese, ed i relativi lodi non solo riconosciuti nel Paese).

Come si può evincere, questa forma di investimento in Cina prevede un impiego iniziale di risorse estremamente limitato, ma concede in ogni caso limitate opzioni operative all’investitore straniero, il quale non potrà decidere autonomamente come “approcciare il mercato”, dovendo sempre e comunque relazionarsi con un partner locale.

B) Investimenti diretti

Soggetti stranieri potranno altresì investire direttamente in Cina costituendo nel Paese delle stabili organizzazioni direttamente gestite da loro. In tal senso le due strutture maggiormente utilizzate sono quelle dell’Ufficio di Rappresentanza e della Società di Capitali (SRL o SPA, che qui, per esigenze di semplificazione, tratteremo congiuntamente).

1) Ufficio di Rappresentanza

L’Ufficio di Rappresentanza (“Rep. Office”) è stata la prima forma di ingresso diretto ammessa in Cina, e consiste in un ufficio aperto da parte di una impresa straniera per instaurare, per conto della casa madre, rapporti con imprese o clienti cinesi.

Le attività permesse al Rep. Office sono molto limitate, e consistono sostanzialmente nella liaison con i clienti/fornitori della casa madre stessa: tuttavia, rispetto ad un investimento “indiretto” la casa madre straniera potrà assumere cittadini cinesi (tramite speciali agenzie di intermediazione del lavoro) o potrà regolarmente distaccare in Cina dipendenti non – cinesi (per un massimo di quattro unità).

I Rep. Office, tuttavia, non potranno svolgere alcun tipo di attività commerciale, non potranno emettere fatture, non potranno importare beni e saranno in ogni caso soggette a tassazione in Cina.

Il vantaggio principale del costituire un Rep. Office è il limitato impiego iniziale di capitali (non è necessario il versamento di un capitale sociale, anche se la casa madre dovrà coprire periodicamente le spese del Rep. Office stesso) e, come indicato sopra, la possibilità di assumere personale locale.

Tale struttura è consigliata ad investitori che intendano “avvicinarsi” in prima persona al mercato cinese mantenendo però le proprie operazioni al di fuori del Paese.

2) Società di Capitali

Contrariamente ai Rep. Office, le società di capitali in Cina potranno svolgere tutte le attività commerciali (trading, importazione, produzione, ecc.) previste dal proprio oggetto sociale. Hanno libertà di poter assumere personale sia locale che (ad alcune condizioni) straniero, e verranno tassate solamente sugli utili generati direttamente. La tassazione è del 25% dell’utile netto generato nell’anno fiscale.

Dette società potranno essere interamente a capitale straniero (WFOE) o a capitale misto Sino – Straniero (JV).

In passato lo svantaggio principale di questa tipologia di investimento era rappresentato dall’obbligo per le società straniere di contribuire il capitale sociale entro un breve periodo di tempo (non oltre i due anni dalla costituzione): detto obbligo è stato abolito da recente legislazione, anche se non tutte le autorità locali si sono adeguate a tale variazione, ed attualmente un investitore avrà l’obbligo di versamento in termini molto più ampi (i.e. al massimo entro il “termine” stabilito per la società, che può essere anche di venti anni o più).

Restano tuttora presenti, quali “svantaggi”, una procedura di costituzione più lenta rispetto a quella prevista per il Rep. Office (fino a tre mesi), ed un maggiore impiego di risorse rispetto ad un tipo di investimenti “indiretti”.

Il principale vantaggio è quello di avere la possibilità di avere una gestione diretta ed immediata del proprio business in Cina.

Roberto Salvi
(ICL Consulting Limited)
partner per la Cina di msr-law
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