Il Codice civile, e ancor prima la nostra Costituzione, impongono ai genitori il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli. In caso di separazione dei coniugi, spetta al Giudice stabilire come ciascuno di essi debba contribuire al loro mantenimento.

In particolare, il Tribunale determina l’ammontare della somma che il genitore dovrà corrispondere per il figlio, tenendo conto del reddito, delle esigenze del bambino, del tenore di vita goduto da quest’ultimo durante la convivenza con entrambi i genitori, nonché in base ai tempi di permanenza presso ciascun genitore e alle risorse economiche di entrambi i genitori.

Non adempiere all’obbligo di mantenimento dei propri figli può avere conseguenze rilevanti, oltre che in sede civile, anche sul piano penale. L’inadempimento, infatti, può costituire reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare ai sensi dell’art. 570 del codice penale.

La norma sanziona con la multa da euro 103,00 fino a 1.032,00 o con la reclusione fino a un anno chi si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale. Se il figlio è minorenne si applicano entrambe le pene (pecuniaria e detentiva).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, la quale dovrà pertanto denunciare i fatti all’Autorità entro tre mesi, chiedendo che il genitore responsabile sia perseguito penalmente. Se il figlio è minorenne, il reato è procedibile d’ufficio.

Tuttavia, non ogni omesso pagamento dell’assegno di mantenimento ha rilevanza penale. Il reato non scatta per il solo fatto di aver mancato la scadenza mensile, ma è necessario anche che si verifichino altre circostanze.

Infatti, perché il reato possa dirsi integrato nei confronti dei figli minori, occorre anzitutto che questi versino in stato di bisogno e che a causa dell’inadempimento del genitore obbligato al mantenimento, vengano a mancare loro i mezzi di sussistenza, vale a dire che ciò che è necessario per soddisfare le esigenze primarie della vita (vitto, casa, medicinali, utenze ecc..).

In pratica, dunque, se nonostante l’omesso versamento del mantenimento, al figlio non mancano i mezzi di sussistenza (ad esempio, perché l’altro genitore con cui convive è in grado di mantenerlo da solo) il reato non scatta. A chiarirlo è stata la Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 3831 del 25 gennaio 2017.

Per la configurabilità del reato è poi necessario il dolo, ossia la coscienza e volontà di sottrarsi, senza giusta causa, ai propri obblighi genitoriali nella consapevolezza del fabbisogno in cui versa la prole. Solo alla presenza di tale elemento soggettivo il reato può dirsi integrato.

Se, invece, il genitore obbligato al mantenimento si trova nell’impossibilità assoluta di provvedere al pagamento la responsabilità penale è esclusa. Ciò può aversi quando questi abbia perso il lavoro contro la propria volontà e dimostri di aver fatto di tutto per trovare una nuova occupazione (la semplice disoccupazione, come ha avuto modo di chiarire la Cassazione, non evita il delitto).

In ogni caso, lo stato di indigenza del genitore obbligato al versamento dell’assegno, perché valga ad escludere la punibilità, deve essere dovuto a cause non imputabili al genitore stesso e deve determinare l’incapacità oggettiva, assoluta e duratura di adempiere i propri obblighi di genitore. Non basta, quindi, invocare genericamente una temporanea difficoltà economica per evitare la condanna penale.

“Dare a tuo figlio una competenza è meglio che dargli mille monete d’oro”. Proverbio cinese.

Autore: Elisa Ricci