È di pochi giorni fa la sentenza in epigrafe, con cui le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato che l’interpretazione degli artt. 343 e 434 c.p.c., nel testo novellato di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. in l. n. 134 del 2012, deve essere effettuata nel senso che l’impugnazione individui chiaramente le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata e con essi le relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che contrasti e confuti le ragioni del provvedimento appellato.
La Corte specifica altresì che come potrebbe non sussistere alcuna violazione di legge se la questione è tutta in fatto, allo stesso modo, un atto di appello potrebbe riguardare solamente questioni di corretta applicazione delle norme.
La Suprema Corte esclude infine espressamente, in considerazione della permanente natura di “revisio prioris instantiae” dell’appello, che mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che il relativo atto debba rivestire particolari forme sacramentali o contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado.
Autore: Filippo Muzzolon
Scrivi un commento